Le fidanzate del basket

Siamo noi, siamo in tante, siamo coatte, siamo le gatte, usciamo spesso la notte, andiamo a caccia di pupazzetti, nei palazzetti, e non sopportiamo gli allenatori… Come sono fighi i giocatori, come sono boni i giocatori… Se Lucio Dalla potesse, mi denuncerebbe. Vabbè. Lo spunto me lo diede un amico, molti anni fa. Gli avevo chiesto lumi su una certa tipa, bella donna, molto curata, sui 35, che vedevo a tutte le partite di una determinata squadra. “Ma quella -chiesi, curioso come una scimmia- è la fidanzata di qualche giocatore?”. “No”, fece lui. “E’ la fidanzata del basket”. Compresi il concetto. Da quella volta chiamo “fidanzate del basket” le gentili signore o signorine che non riservano le loro attenzioni a UN determinato giocatore, ma si fidanzano proprio con tutta la pallacanestro. Non è una figura rara, i comitati d’accoglienza esistono un po’ dappertutto. In special modo nei posti dove la squadra ha un minimo di seguito, non mancano mai dame della carità che si impegnano a far sentire i giocatori meno soli. Menzione speciale per quelle che sul piano erotico prediligono l’esotico (bella eh?). D’altra parte l’interesse è reciproco: se andate in discoteca e vi capita di vedere un tizio di due metri, grosso, nero, che tenta l’approccio con una ragazza, avvicinandovi potrete sentirlo dire: “If you go black, you neva (never) back”. Ma tra le varie tipologie di signorine interessate ai giocatori, queste qui sono le meno pericolose. Hanno un obiettivo, lo raggiungono, di norma non scatenano gelosie nello spogliatoio (praticano la “par condicio”), tengono alto il morale della truppa e stop. Il problema vero sono le cosiddette Wags (Wives and Girlfriends), ovvero mogli e fidanzate, insomma quelle “ufficiali”. Si riconoscono subito. Alle partite si siedono in tribuna tutte insieme, scambiandosi smancerie e fingendo di essere amiche. In realtà non si sopportano. Alcune, devo dire, guardano la partita con apprezzabile sobrietà. Altre, te le raccomando: freni inibitori inesistenti, urlacci, turpiloquio da bettola, insulti agli arbitri e agli avversari, discussioni e litigi con altri spettatori. Ho conosciuto giocatori con la carriera fortemente condizionata dalle loro compagne. Ho visto più di qualcuno giocare preoccupato, un occhio al campo e uno alle gradinate. Ho assistito a partite in cui le mogli dei giocatori si sono accapigliate con quelle della squadra avversaria (due volte: una sugli spalti, partita sospesa perché i giocatori sono saliti in tribuna a separarle, e una fuori dal Palas, a partita terminata). Mi è capitato pure che una ragazza abbia lasciato il suo fidanzato e tutta bellina e ignara delle conseguenze si sia messa con… un suo compagno di squadra. In questo caso lo spogliatoio diventa una polveriera. Ma il punto che mi tocca di più è l’ostilità dichiarata all’allenatore. Che inevitabilmente “non capisce niente”, “non fa giocare abbastanza mio marito” e viene puntualmente insultato ogni volta che sostituisce l’amato bene. Questa categoria di mogli, o fidanzate, è la stessa di quelle che a casa, dopo la partita, tormentano il proprio uomo. “Devi parlare col coach, devi farti valere. Non ti fa giocare abbastanza. Non fa gli schemi per te. Non è possibile che il marito di Gina (Anna, Concetta) giochi più minuti di te e faccia più tiri”. Nel frattempo, a casa loro, Gina, Anna e Concetta stanno dicendo al proprio uomo le stesse cose.  

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