FLASHBACK

La finale invisibile (1.)

Questo amarcord non è inedito. Fu pubblicato dal sito Roseto.com in tre puntate il 12, 13 e 14 settembre 2011. Racconta la famosa finale playoff Roseto-Palestrina del 1988, quella della prima promozione in B1. Lo ripropongo qui su “Gli Strani”, sempre a puntate, in versione un po’ rimaneggiata e più sintetica. Perché questa replica? Primo perché è una indimenticabile pagina di storia, che sulla rubrica “Flashback” non poteva mancare. Secondo perché ci sono inquietanti analogie col presente. Come scoprirà chi avrà la pazienza di arrivare fino in fondo. 

PROLOGO

Eravamo 17, quasi a sfidare la cabala. La società ospitante, Palestrina, era stata chiara: in gara 1 i tifosi se la sono legata al dito, ci avevano detto. Meglio prevenire qualunque possibilità di disordini. Perché i sostenitori prenestini avevano giurato vendetta? Lo vedremo più avanti. Anche il sindaco della cittadina laziale si era espresso, pregando il suo collega di Roseto di adoperarsi per far sì che nessuno seguisse la squadra in trasferta. Neanche la TV che trasmetteva le nostre partite, ai cui operatori, nel piccolo impianto di Palestrina, non si poteva garantire l’incolumità. Così, niente tifosi al seguito. Niente telecamere. Nessun testimone esterno a squadra e staff, a parte l’autista del pullman e un ospite particolare. Per questo la chiamo da sempre la finale invisibile.

SINISTRO PRESAGIO

Mercoledi 25 maggio 1988, il giorno di gara 2. Tre giorni prima a Roseto avevamo vinto noi, avevamo due match ball a disposizione. A quella finale per salire in B1 erano arrivate senza dubbio le due squadre che lo meritavano di più. Consumammo il pasto pre-gara a Roseto, in un ristorante sul lungomare. Il pullman era già un sinistro presagio: invece del solito Gran Turismo, la ditta di autolinee ci aveva mandato il mezzo più vecchio e scassato che aveva. Sapevamo che non era un caso. I giocatori erano Melioli, Battistoni, Stama, Palermo, Aureli, Di Biase, Fanna, Faraone, Battista, D’Emilio. Allenatore e vice Domenico Sorgentone e il sottoscritto. Raffaele Battista e Matteo Fusco medico e massaggiatore. Romano Mari dirigente accompagnatore. L’ospite era l’arbitro Gianni Vincenti, rosetano di adozione, che aveva chiesto di aggregarsi per puro spirito di avventura. Autista l’indimenticabile Giovanni. Un manipolo di coraggiosi per quella che si annunciava una battaglia durissima.

L’assenza di telecamere faceva si che di quell’evento non sarebbe stato conservato alcun documento filmato. La mancanza di tifosi al seguito, ma anche di dirigenti, amici, fidanzate, parlava chiaro: la “finale invisibile” avremmo potuto raccontarla solo noi.

OMBRE ROSSE

Uscimmo dall’autostrada al casello di Tivoli e ci avviammo su per la salita che conduceva a Palestrina. Le prime avvisaglie di quello che sarebbe successo non tardarono. Certi simpaticoni ci aspettavano già per strada, 3-4 auto piene di tipacci. Avete presente il film “Ombre Rosse”, quando i Sioux assaltano la diligenza? Una cosa del genere. Affiancavano il pullman urlando dai finestrini insulti e minacce, ci superavano, poi ci costringevano a rallentare facendo perdere la pazienza al povero Giovanni. Si lasciavano sorpassare e di nuovo si affiancavano, ricominciando la litania di macabre promesse: non tornerete a casa, non uscirete vivi, e via di questo passo.

QUESTA E’ PER VOI

Arrivati nel centro abitato, capimmo che l’intero paese si apprestava a vivere l’evento. Sui balconi delle case c’erano vecchie lenzuola trasformate in striscioni, con scritte offensive contro intere generazioni di rosetani. Dalle finestre ci insultavano pure le donne e i bambini. Il pullman fu costretto a fermarsi a un centinaio di metri dalla palestra. Qualcuno ci disse che da lì in poi dovevamo andare a piedi.

Scendemmo tra due ali di folla minacciosa, sembravano le forche caudine. La consegna, ovviamente, era di non rispondere alle provocazioni. Così camminammo senza fretta, con lo sguardo fisso in avanti, ignorando gli epiteti contro mamme e sorelle. Arrivammo nel piccolo impianto col fondo ancora in gomma, spalti a “elle” su due lati del campo, gli spettatori vicinissimi alla linea laterale. Dietro alle panchine c’era il muro, per fortuna. Ma nell’insieme sapeva di trappola.

In un amen si riempì tutto, nella palestra non entrava più nemmeno uno spillo. Mentre i giocatori si cambiavano ero con Raffaele Battista, il medico, che scaricava la tensione fumando davanti all’ingresso degli spogliatoi. Arriva un tifoso, aveva la bava alla bocca per l’eccitazione rabbiosa. Ci mostra una grossa pietra del peso apparente di 4-5 chili e urla: “Questa me l’hanno tirata a Roseto, l’ho raccolta e l’ho conservata per voi!”. “Pietro”, mi disse il doc, che era solito aggiungere una ‘t’ al mio nome, “credi che subiremo gravi pregiudizi fisici?”. Non potetti fare a meno di sorridere, per il suo eloquio forbito che non cambiava nemmeno in quella situazione. “Speriamo di no”, risposi. (1. Continua)

La finale invisibile (1.)

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3 commenti su “La finale invisibile (1.)

  1. Caro Piero… a parte il fatto che, quel bellissimo articolo in 3 puntate che scrivesti per Roseto.com, lo imparai praticamente a memoria (fu quella squadra che mi fece innamorare del ‘Roseto’), nei giorni scorsi sono venuto in possesso di immagini relative a gara 1 girate dal compianto Paolo Bruni. Immagini che raccontano di un post partita, diciamo così, caldo. Sai già di cosa sto parlando, le analogie coi tristi fatti di questi giorni suggeriscono di non fomentare e alimentare certe dinamiche, per cui, credo di non pubblicarle mai. Ho creato il canale YouTube ‘Roseto Basket Story’ e sono riuscito a recuperare solo alcuni momenti di quella meravigliosa annata. Mi piacerebbe che qualcuno tirasse fuori dai cassetti e dagli archivi magari la partita di Vasto… o anche altre partite. Grazie per aver tirato fuori i ricordi di quella finale, ahime invisibile. Un abbraccio grande.

    1. E’ vero, certe dinamiche non vanno fomentate. In questo racconto il mio obiettivo (non so se riuscito) è sfumarle col sorriso. Come nel caso del dott. Battista, preoccupato perché il tifoso ci aveva mostrato la pietra, ma senza perdere il suo aplomb… Però i fatti non vanno neanche dimenticati, per evitare che si ripetano. In quanto alla partita di Vasto, hai scelto proprio bene: appena rientrati a casa dovetti buttare via il maglioncino che indossavo, aveva cambiato colore e puoi immaginare perché! Abbraccio ricambiato.

      1. il dottor Battista, unico… circa la trasferta a Vasto, io ero piccolo, avevo 10 anni scarsi. E non potrò mai dimenticare il ritorno in pullman… senza vetri. Comunque, fu un campionato memorabile… e ripeto, spero che qualcuno tiri fuori ancora qualcosa dagli archivi…

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