Warm-up e rotture di scatole

Il riscaldamento pre-partita è importante. Lo conducono il preparatore atletico e l’assistente (o gli assistenti). Ma in ogni caso io lo voglio vedere, annusare l’aria, far sentire la mia presenza, capire se c’è il giusto livello di concentrazione, concentrarmi a mia volta. Quindi, quando sono seduto sulla MIA panchina per assistere al riscaldamento della MIA squadra non voglio rotture di scatole. Oh, non c’è niente da fare. C’è sempre qualcuno che ti viene a triturare i maroni. I saluti e i convenevoli col coach avversario? Certo, ma due minuti. Più che sufficienti. E’ un saluto tra colleghi, mica l’incontro tra Trump e Putin. Stessa cosa se dall’altra parte c’è qualche giocatore che conosci bene e che magari hai allenato. Basta un “Come stai, buona partita”, non serve una conferenza in cui ci si raccontano gli ultimi 5 anni delle rispettive vite. A bordo campo c’è sempre un po’ di gente che si aggira tutta indaffarata, come se il corretto svolgimento della partita dipendesse da loro. Dirigenti che devono fare passerella, fotografi, giornalisti, addetti alle statistiche, il custode dell’impianto. Io a volte non so manco chi sono. So che ronzano lì intorno e tutto quello che possono fare per distrarti lo fanno. Non parliamo poi di quando tu sei seduto a guardare i tuoi che si scaldano e un paio di questi soggetti ti si piazzano proprio lì davanti, come se tu non ci fossi, coprendoti la visuale. “Scusate, se non disturbo troppo, vi potete gentilmente togliere dalle pa… ehm, vi dispiace scansarvi e lasciarmi vedere il riscaldamento?”. Spesso sono proprio i tuoi che si ostinano a non capire. Ho allenato 4 anni in un posto, a ogni partita il vicepresidente veniva lì durante il riscaldamento e mi diceva: “Ti vedo scuro in volto, sei preoccupato? C’è qualcosa che non va?”. E io: “Va tutto bene, tranquillo. Non sono scuro in volto, sono solo concentrato. Lasciami guardare il riscaldamento”. La partita dopo lo rifaceva. Quella dopo pure. E ancora. Lo ha fatto per 4 lunghi anni.