Questione di scelte

Criteri di scelta dell’allenatore adottati da diverse Società delle Minors. Ho detto “diverse”, non tutte. Criterio numero uno: quello che costa di meno. Salvo poi cacciarlo a calci nel sedere perché conta come il due di coppe quando briscola è bastoni. Criterio numero due: quello che porta Xmila euro di sponsor (imprenditori amici suoi), e che quindi lo stipendio se lo paga da solo. Questo qui, al contrario, è intoccabile. Numero tre: quello che ci ha fatto il culo l’anno scorso. I dirigenti: “Eeeeeeh, ma hai visto come giocano bene! Il nostro, poverino, non ci ha capito niente. Mas-sa-cra-to. No no, questo l’anno prossimo deve venire da noi”. Criterio numero quattro: quello del posto, o comunque dei dintorni. Il motivo? Ovvio, non spendiamo nulla di appartamento. Entriamo nel vivo. Numero cinque? Uno che ci è stato raccomandato da quell’allenatore di serie A al quale abbiamo chiesto di consigliarci qualcuno. E’ un suo protetto. Criterio numero sei: ci sarebbe Tizio, lo conosce bene un mio collega di lavoro che è pure amico dello sponsor. Pare che sia bravo. Ancora: prendiamo Caio, è uno dei pochi disponibili ad allenare anche le giovanili. Due piccioni con una fava. A che quota siamo? Sette? Ne dico un altro e poi basta. Criterio numero otto, quello assistito dal procuratore che ci fa tutta la squadra. Così li abbiamo tutti di un’unica agenzia, può essere un vantaggio. Mi fermo, ma potrei continuare col campionario di grande saggezza, competenza e lungimiranza dirigenziale. Il punto è che gli allenatori sono tutti diversi tra loro, ognuno con le sue caratteristiche. Fossi un direttore sportivo, sceglierei il coach esattamente con gli stessi criteri coi quali individuavo i giocatori: quello più funzionale e più adatto al tipo di squadra, agli obiettivi, alla piazza. Se hai una squadra giovane, prendi un buon insegnante che valorizzi il tuo capitale. Squadra di gente esperta? Punta su uno bravo a gestire giocatori già formati e di personalità. Se sei scarso, devi trovare il gran lavoratore capace di cavare sangue dalle rape. Se vuoi vincere il campionato, meglio andare su uno che ha già dimostrato di sapere come si fa. Se il posto è caldo devi prendere uno che infiamma i tifosi, non un musone. Se la società mette pressione e la stampa rompe le palle, scegli un bravo comunicatore, scaltro, capace di intortare il presidente e i giornalisti. Eccetera eccetera. Ovviamente le caratteristiche si mescolano e il cocktail dev’essere efficace. E’ chiedere troppo? In molti casi si. Ho detto “molti”, non tutti.

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