Boris, l’allievo

Sondalo (provincia di Sondrio), luglio 1992. Corso Allenatori Nazionali. Tra i partecipanti c’era nientemeno che Boris Sinkovic, allenatore croato di lungo corso. A cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70 aveva allenato nella serie A italiana la Vuelle Pesaro, all’epoca Max Mobili. Poi era dovuto rientrare in patria, non aveva più rinnovato la tessera e la Fip gli aveva imposto di ricominciare da capo, con tutti i corsi e gli esami fin dal primo livello come i ragazzini. E lui con l’umiltà di un ragazzino si era rimesso sotto: allievo allenatore, allenatore, allenatore nazionale. Figuriamoci, a Sondalo nel ‘92 aveva già 59 anni. Ma seguiva le lezioni con grande attenzione, seduto sempre vicino a Franco Gramenzi al quale somigliava di carattere. Poi andava in campo a fare i tirocini senza far pesare minimamente il suo blasone. Passarono i giorni e arrivò il momento fatidico dell’esame. Boris si presentò in campo col suo piano d’allenamento bello in ordine, pronto a sostenere la prova. Ma -attenzione- l’esaminatore non era uno qualunque. Quel giorno condurre gli esami toccava a Giuseppe “Dido” Guerrieri, praticamente coetaneo di Sinkovic e suo avversario sul campo vent’anni prima in serie A. Il leggendario Dido guardò l’amico Boris, sorrise, poi si alzò e fece qualche passo verso la tribuna, dove eravamo sistemati noi altri corsisti. Col suo testone piegato da un lato, come sempre, si schiarì la voce e disse: “Questo signore che vedete qui è Boris Sinkovic, che allenava in serie A quando voi ancora vi facevate la pipì a letto. Ora, vi dico la verità: la sola idea che io debba fargli l’esame mi fa ridere. Io non gli faccio proprio nessun esame e gli dò 30 e lode, a prescindere. E se qualcuno di voi non è d’accordo o si sente defraudato di qualcosa, venga pure a lamentarsi con me alla fine della giornata”. Nessuno fiatò. Ci guardammo. Partì l’applauso. Due, quattro, cento mani. E ancora, per almeno un minuto. Guerrieri e Sinkovic si abbracciarono. Boris aveva gli occhi lucidi.

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