
Prima fare, poi parlare
Ci sono due tipologie di Società delle quali non mi fido. Quelle che cambiano spesso allenatore e quelle che curano in modo ossessivo la comunicazione. Un Club serio cambia allenatore ogni tre anni, non tre allenatori l’anno (è successo). La mancanza di continuità nella guida tecnica è un segnale di idee poco chiare, pianificazione approssimativa, mancanza di programmazione. Spesso è indice di presunzione, o addirittura di arroganza. Quella di chi sale in cattedra per giudicare. Ai dirigenti non passa neanche per l’anticamera del cervello di poter avere qualche responsabilità. Si sentono al riparo da ogni critica, impegnati come sono nel loro giochino preferito: il tiro all’allenatore. Che viene impallinato ogni trimestre, come a scuola. Poi ci sono le Società che vivono di comunicazione. Per carità, alla larga anche da quelle. Un comunicato-stampa al giorno. Una conferenza-stampa alla settimana. Li vedi, gli occhi del presidente, che brillano quando si accendono le telecamere o quando partono i flash dei fotografi. Dice: ma la comunicazione è importante. Verissimo! La comunicazione oggi è una parte fondamentale dell’attività societaria. Ma bisogna rispettare la cronologia. Prima si agisce, ovvero si fa. Poi si parla, ovvero si comunica ciò che si è fatto. Questa tipologia di Società invece tende a invertire i fattori, cioè a parlare senza agire. Comunicare diventa più importante che fare, le conferenze stampa contano più dell’organizzazione. Bla bla bla, annunci anche roboanti, purché se ne parli. Poi vai a vedere cosa c’è dietro la facciata e scopri la verità: sotto il vestito niente. La vera vita di un Club è quando i taccuini dei giornalisti sono chiusi.
NB: nelle due tipologie rientrano moltissime società italiane? Addirittura quasi tutte? Non ci avevo pensato.