Meno smartphone, più “strada”

Non scriverò “ciccioni”. Potrebbe sembrare offensivo. Ma provate a entrare nell’aula di una prima o una seconda media. La percentuale di ragazzini sovrappeso potrebbe sorprendervi. La fascia d’età è quella che corrisponde all’ultimo anno Minibasket e al campionato Under 13. In pratica l’inizio dell’agonismo.
Già, agonismo: è una parola, portandosi addosso tutta quella zavorra. Faccio i conti della serva. Ho detto faccio i conti, non sono io la serva. Secondo i miei 4 anni di esperienza nei settori giovanili (tolgo l’ultimo, adottiamo il criterio presenti esclusi), nelle squadre Under 13 a essere ottimisti un ragazzo su tre è sovrappeso. Non “un pochino” sovrappeso, un bel po’ sovrappeso. Poi magari qualcuno col passare degli anni si assottiglia. Non tutti, eh? Giusto qualcuno. Però intanto pensate all’istruttore con -supponiamo- 5 ragazzini su 12 per i quali è un problema correre, saltare, restare in equilibrio. Mica facile in queste condizioni insegnare arresti, partenze, giri, uso del perno e compagnia bella. Le cause? In ordine sparso: hamburger, maionese, patatine. Coca Cola come se piovesse. E poi merendine, gelati, cioccolata. Junk Food. Schifezze. Ma la cattiva alimentazione non è certo l’unico motivo degli enormi problemi motori coi quali i 12-13enni si presentano in palestra. Una volta ho chiesto a uno dei miei, faceva il liceo scientifico: cosa fate a scuola nell’ora di educazione motoria? Risposta: “Bé, coach, la palestra è inutilizzabile già dall’anno scorso. Quindi a livello motorio nulla. Di solito restiamo in classe e il Prof. ci spiega il corpo umano, i muscoli, le articolazioni, le ossa. Poi quando è bel tempo ci porta fuori e magari facciamo una passeggiata all’aria aperta”. Mi volevo suicidare. Penso ad altri Paesi, dove l’educazione motoria nelle scuole si fa seriamente già a 6 anni. E penso invece alla TOTALE disabitudine a usare il proprio corpo che maturano i nostri adolescenti. Molti arrivano a 13 anni tutti storti, scoordinati, rovinati. Noi in terza media nell’ora di educazione fisica giocavamo a tutto (calcio, basket, volley), all’aperto correvamo i 60 e gli 80, saltavamo in alto e in lungo. Qualcuno di questi non ha mai fatto nemmeno una partitella sulla spiaggia. Così la situazione si è ribaltata: i 12-13enni di una volta cominciavano a giocare a basket già con un bel bagaglio di forza fisica, coordinazione, destrezza, controllo del corpo. Con queste basi, lavorare sull’apprendimento dei fondamentali era meno difficile. Adesso è il contrario. Molti ragazzini sono timidi, insicuri, impacciati. A 13 anni vanno a basket (meglio: i genitori li mandano a basket, ma questo è un discorso a parte) senza alcuna consapevolezza del proprio  corpo. L’insicurezza si palesa nelle posture, spesso goffe. E il “body language”, il linguaggio del corpo è un disastro.

LA STRADA

Quindi ricapitoliamo: numero uno, cattiva alimentazione e alta percentuale di adolescenti sovrappeso. Numero due, poco o niente educazione motoria a scuola e disabitudine a usare il corpo. Numero tre? Facile: non si gioca più in mezzo alla strada! Questa forse è la carenza più drammatica.  La strada (o il playground, il campetto) sviluppa doti molto importanti come rapidità, reattività, capacità di capire al volo le situazioni. La strada all’epoca era correre schivando le auto (poche, ma c’erano!), riconoscere i compagni di squadra dagli avversari nonostante le cento magliette tutte diverse, imparare la dura legge del “chi perde esce”. La strada sviluppava il senso dell’agonismo, la scaltrezza, la “cazzimm”. Azzardo: la strada creava vincenti.

IPNOTIZZATI

Adesso, invece? Adesso la reattività gli adolescenti ce l’hanno ancora: ma solo sulla tastiera dello smartphone. O col joystick della Playstation. Al pc, non ne parliamo. Super reattivi! Dategli un tablet e solleveranno il mondo. E sul campo da basket? Ipnotizzati. Imbambolati. Cloroformizzati. Mica tutti, si capisce. Ma in numero sufficiente a complicare in modo tremendo il lavoro dell’istruttore/allenatore. “L’abuso del telefonino cellulare nell’età dello sviluppo abbassa notevolmente le  capacità cognitive”. Questa la metto tra virgolette perché non lo dico io, lo dicono gli studi. Basta googlare (bella espressione per un boomer, eh?) e verificare. L’allenatore fa quasi sempre una fatica d’inferno a ottenere che si facciano le cose con energia, intensità, velocità. Il rincoglionimento da smartphone ha tragicamente abbassato la soglia di attenzione. Le spiegazioni devono durare non più di 30 secondi, sennò i pargoli si distraggono. E spesso, pur chiare e sintetiche e corredate da dimostrazione, quelle spiegazioni lasciano il tempo che trovano. Perché il ragazzo, come abbiamo visto nella prima puntata del viaggio allucinante, capisce fischi per fiaschi e fa una cosa diversa. Bel coraggio che avevi, coach Piero Bianchi, a incazzarti con gli allenatori delle giovanili. (3. continua)

Meno smartphone, più “strada”

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