
Dalla parte di chi allena
Faccio l’allenatore di pallacanestro. Non so se negli altri sport funziona allo stesso modo, io parlo di quello che so e che conosco.
Ho allenato squadre Senior per 27 anni. Molta serie B, un po’ di serie C, un paio di campionati da assistente in A2. Una carriera tutto sommato decorosa, sempre con giocatori adulti e -di fatto- professionisti.
Bene: tutte le volte che chiamavo in prima squadra ragazzi provenienti dal settore giovanile per completare la rosa, puntualmente i giovanotti si rivelavano del tutto inadeguati a svolgere il compito per il quale erano stati chiamati.
“Giocatori” di 18-19 anni non in grado di reggere il livello degli allenamenti. Tutti o quasi molto indietro dal punto di vista tecnico e di padronanza dei fondamentali individuali. Tutti generalmente privi di conoscenza delle situazioni di gioco e dei meccanismi di collaborazione, nessuno in grado di orientarsi sul campo con scelte e decisioni autonome. Molti addirittura all’oscuro delle nozioni più elementari di come ci si allena: orecchie aperte, massima attenzione, reattività nell’elaborare ed eseguire le istruzioni. Tutto questo in ragazzi che avevano alle spalle già sei o sette anni di percorso giovanile! E prima di quello magari anche il Minibasket. Un quadro desolante.
Per anni me la sono presa brutalmente non solo con quei ragazzi, ma anche e soprattutto con chi li aveva allenati fino a quel momento. L’equazione “Istruttori inadeguati = giovani giocatori somari” era la spiegazione più facile e più comoda per sfogare la mia frustrazione, ogni volta che qualche ragazzino mi mandava a puttane l’allenamento.
Poi, un bel giorno, è capitato che ad allenare i giovani ci sono andato io.
E finalmente ho toccato con mano la cruda realtà.
— o —
Proprio così. Dopo 27 stagioni di onorata milizia a livello di squadre “adulte”, nel 2020 quel fenomeno di coach Bianchi -ormai troppo vecchio per continuare a sopportare stress e incazzature, ma soprattutto con le balle piene di certe dinamiche a livello senior- ha pensato bene di cimentarsi nel settore giovanile. Ho scoperto un mondo.
Ovviamente non parlo di settori giovanili di eccellenza e di grandi Club. Mi riferisco alle società -chiamiamole così- normali, con attività giovanile nella media. Come dire il 70% dei settori giovanili italiani.
Lo so, dovrei chiedere scusa a tutti quegli allenatori di settore giovanile che per anni ho (idealmente) criminalizzato e (non solo virtualmente) insultato. Andando a fare il loro lavoro, mi sono reso conto che hanno un compito TREMENDO.
Non dico che non ci siano istruttori inesperti o impreparati. Ma prima di andare a lavorare nei settori giovanili, non mi rendevo conto dei problemi reali. Allenare efficacemente i giovani, “questi” giovani, con “queste” abitudini, in “questa” società civile non è difficile, è un’impresa. E quei poveracci di allenatori che ho infamato per 27 anni, tutto sommato qualche attenuante ce l’hanno.
QUELLA TRAGICA DISABITUDINE A ESEGUIRE LE ISTRUZIONI
Non voglio esagerare col politicamente scorretto usando il termine “rincoglioniti”. Sarebbe offensivo. Quindi dirò imbambolati, cloroformizzati, inebetiti, come se vivessero su un altro pianeta. Così molti giovani aspiranti giocatori approcciano gli allenamenti.
Partiamo dall’inizio. Chi allena a livello giovanile, soprattutto nelle prime fasce di età, si trova subito a fare i conti con un problema che ha dell’incredibile. Capita abbastanza spesso che tu dici a un ragazzo di fare una cosa. Quello ascolta, ti guarda… e non la fa.
Pensi: non ha sentito. Non ha capito. Non mi sono spiegato. Quindi gliela ripeti. E quando gliela ripeti, magari lo guardi dritto negli occhi e rendi il tono di voce ancora più esortativo, per dare forza all’istruzione.
A volte la reazione è sconcertante: il ragazzo ti guarda come se qualcuno lo avesse drogato, con lo sguardo assente. E continua a non fare nulla. Oppure capita che cominci a guardarsi intorno alla ricerca di una soluzione, che non arriva. Nella migliore delle ipotesi realizza -non senza fatica- che deve mettersi in movimento. Finalmente passa all’azione, se Dio vuole! Ma fa una cosa diversa da quella che gli hai chiesto.
Questo succede più spesso, ovviamente, all’inizio del percorso giovanile, quando i ragazzi che arrivano in palestra sono comprensibilmente spaesati. Diciamo che è abbastanza frequente nelle categorie Under 13 e Under 14. Ma non è così raro che qualcuno arrivi in queste condizioni anche fino all’Under 17.
Precisazione numero uno: ho imparato in uno stage datato 1985, era una illuminante lezione di metodologia dell’insegnamento, che quando qualcuno non capisce cosa gli hai detto, la prima cosa da fare è verificare che tu non ti sia spiegato male. Quindi so perfettamente che le istruzioni ai giocatori devono essere semplici e chiare. E se qualcuno non capisce, la prima cosa che faccio non è arrabbiarmi ma ripetere.
Precisazione numero due: quando il ragazzo resta immobile come se fosse in stato di ipnosi e non fa quello che gli è stato detto, oppure fa una cosa diversa, l’allenatore NON gli ha chiesto un doppio salto mortale carpiato, o la risoluzione di un’equazione a tre incognite. Il più delle volte gli ha detto semplicemente “prendi la palla”. Oppure “mettiti sulla linea gialla”. O magari “piede destro avanti”.
Ora: “Prendi la palla” può diventare la più incomprensibile e cervellotica delle pretese, ma che vorrà mai da me sto tizio che allena. “Mettiti sulla linea gialla” pone il malcapitato ragazzino di fronte a un problema molto serio, quello di riconoscere i colori. E’ una cosa notoriamente assai complicata. Non parliamo poi di “piede destro avanti”, si scatena un festival di gente che va avanti col sinistro, o per non sbagliare fa destro-sinistro come se marciasse.
Immaginate lo sconcerto del povero istruttore, magari giovane e fresco di Corso (con relativo esame), che dall’entusiasmo di mettere in campo le sue conoscenze tecniche passa alla frustrazione per avere a che fare con un gruppo di ragazzi apparentemente sotto l’effetto di narcotici.
Le cause di questo fenomeno sono numerose, l’analisi richiederà tempo e svariate puntate. Il viaggio nel disastro del basket giovanile è appena cominciato.
(1. Continua)