Perché proprio il basket?

C’è un problema apparentemente banale, ma che non lo è affatto. Le assenze agli allenamenti. Guardo quello che è successo a me in questi anni, parlo con gli altri istruttori e vedo che la cosa è ricorrente. Molti ragazzi, non tutti ma molti, non hanno idea di cosa significhi continuità nell’impegno. L’allenamento di basket per loro non è un punto fermo, è collocato tra le “varie ed eventuali”. Si va all’allenamento se si può, se gli altri impegni lo consentono, se a quell’ora non c’è qualcosa di più importante da fare. Risultato: a volte mancano Gigetto e Nicola, a volte mancano Pasquale e Saverio e la squadra non si allena mai al completo. In queste condizioni diventa molto difficile ottenere miglioramenti concreti nella padronanza dei fondamentali individuali e nella conoscenza delle situazioni di gioco. A scanso di equivoci metto le mani avanti: sia chiaro, la scuola viene prima di tutto. Per gli adolescenti di oggi, tra l’altro, la mole degli impegni scolastici -per come la vedo io da fuori- mi sembra molto importante.  Ma gli allenamenti, nella stragrande maggioranza dei settori giovanili, sono tre alla settimana e durano un’ora e mezza. Poi quando cominciano i campionati diventano due più la partita. Conciliare l’attività sportiva con la scuola non è poi un’impresa così proibitiva, magari basta organizzarsi. Il vero problema è una questione di priorità, come nella pubblicità del Magnum. Caro 15-16enne, che posto occupa il basket nella tua vita? Sei nell’età decisiva per decidere se puoi/vuoi diventare un giocatore. Che non significa fare il professionista, ma anche semplicemente continuare a giocare a livello senior dopo il settore giovanile. Ce l’hai il “fuoco” della passione che ti brucia dentro? Hai la febbre del basket? Sei disposto a rinunciare a qualcosa per inseguire il tuo sogno? Troppo spesso la risposta è no.

PERCHE’ HAI SCELTO IL BASKET

Se ogni minimo soffio di vento è un buon motivo (o una scusa) per non venire a fare allenamento, allora vuol dire che la passione non c’è. Passione vera è quella che ti fa pensare sempre a “quella” cosa, che la mette in cima ai tuoi interessi, che ti fa rinunciare per esempio a una festa, o una gita, pur di correre in palestra. Non parliamo poi se salti l’allenamento semplicemente perché non hai voglia. E allora, come diceva Antonio Lubrano, la domanda sorge spontanea: ma perché hai scelto proprio il basket? Una volta si cominciava a giocare, ad esempio, per seguire le orme del papà ex-giocatore, o del fratello maggiore che già giocava. Vantaggio non da poco, visto che il ragazzino in questione aveva respirato aria di pallacanestro in famiglia fin da piccolo. Più spesso, cominciava a giocare l’adolescente tifoso della squadra della sua città, col desiderio di emulare i suoi eroi della domenica. E questa era (è) la regola nelle città “di basket”, ovvero i posti con una squadra senior dotata di buon seguito. Ancora: si accostava al basket chi si era appassionato guardandolo in televisione, o praticandolo a scuola durante l’ora di educazione fisica. Tutte queste possibilità avevano una cosa in comune: il ragazzino che cominciava a giocare “sapeva” di cosa si trattasse, era in qualche modo consapevole di quello che si accingeva a fare, conosceva già -in linea di massima- le caratteristiche dello sport che aveva scelto. Adesso vedo che la scelta è molto più casuale. Mi sono capitati 15enni (troppo tardi per cominciare!) che si sono presentati in palestra senza aver mai preso un pallone in mano fino a quel momento. “Sa, fino all’anno scorso ho fatto nuoto, adesso vorrei provare col basket”. Questa del “vorrei provare” è un classico. Si traduce così: “Non so di che si tratta, vado per tentativi”. Oppure: “Ad arti marziali non mi divertivo, qui invece ho un paio di amici”. Dal ju jitsu alla pallacanestro, bel salto. Spesso la scelta non è nemmeno del ragazzo, la decisione “Mando mio figlio a basket” è dei genitori. Come dire: una disciplina vale l’altra, l’importante è che faccia sport. In casi come questi, può anche darsi che cominciando a giocare si accenda il sacro fuoco della passione. Ma è più probabile la prima che ho detto: il basket non diventa mai una priorità, resta intrappolato tra mille altri possibili impegni.

PRODURRE GIOCATORI? MMM…  

Ora, la condizione per praticare qualsiasi sport è esserne innamorato. Ma c’è di più. Pallacanestro è sport di squadra. La squadra è un organismo collettivo, che impone rispetto per gli altri componenti e per le regole interne al gruppo. In uno sport individuale le cose stanno diversamente, dopotutto devo rendere conto solo a me stesso. Ma una squadra è un laboratorio comune, dove si lavora insieme per costruire un’identità tecnica e mentale ben precisa. La squadra non è un albergo, dal quale esco e rientro a piacimento. In una squadra l’impegno saltuario NON E’ un’opzione. Last, but not least: il ragazzo che grosso modo sa di cosa si tratta, ovvero che comincia a giocare col background di decine di partite viste, ha il grande vantaggio di avere familiarità (almeno visiva) con determinati movimenti. Quello che, viceversa, si accosta al gioco senza averne alcuna conoscenza, parte da sottozero. Nel senso che non ha nessuna idea di come vadano eseguite le cose e non sa nemmeno a cosa servono. In queste condizioni, produrre giocatori non è difficile. E’ pressoché impossibile. (4. continua)  

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