
Il diluvio? Inutile
Riassunto delle puntate precedenti, come nelle serie TV. Parte I: i peccati veniali dei giocatori. Veniali, ma sufficienti a farti girare le balle. Parte II: le cattive abitudini più gravi. Quelle per cui le balls cominciano a girare così vorticosamente da arrivarti alle orecchie (cit. Mimmo Trivelli, se non sapete chi era… sappiatelo). Ma fin qui abbiamo parlato sempre e solo di ciò che può accadere durante gli allenamenti. Nella terza e ultima puntata, passiamo in rassegna le bad habits di lorsignori in partita. E qui il dio degli allenatori potrebbe mandare giù un secondo diluvio universale. Se non lo fa, è solo perché il primo è stato inutile.
Dopo il riscaldamento senza palla guidato dal preparatore atletico, dovrebbe cominciare quello con la palla. Ma c’è sempre qualche fenomeno che rallenta tutto attardandosi a bere, allacciarsi le scarpe, guardare in tribuna se è arrivata la sua ragazza. Pessimo.
Chiami uno per farlo entrare. Quello va sul cubo dei cambi e ti chiede: coach, chi devo marcare? Siamo a zona, genio. In panchina guardi quello che succede in campo o fai il cruciverba? Quasi quasi non ti faccio entrare più.
Questa mi fa imbufalire: disegni che ne so, una rimessa, la lavagnetta non lascia spazio a dubbi, ma in uscita dal time-out la squadra fa tutt’altro. Non è l’ammutinamento del Bounty, magari lo fosse. Per ammutinarsi bisogna essere in grado di ragionare.
Grande classico: l’allenatore ti cambia, fai la faccia storta e assumi un body language da scoglionato, in modo che tutto il palazzetto si accorga che ce l’hai con quello stronzo che ti ha cambiato. Postilla: lo fanno anche quelli che vengono cambiati perché stavano palesemente facendo schifo.
Rimaniamo in tema: il giocatore sostituito esce dal campo a testa bassa e non dà il 5 al coach. Immagine bruttissima. Personalmente ho subìto questo affronto solo da giovincello: con l’esperienza, ho imparato che se uno esce col culo girato o lo ignoro, o lo fulmino.
Alternativa: il carattere “fumino” non esce a testa bassa, sbatte l’asciugamano in panchina e magari dà anche un calcio a una bottiglia. Non è detto che sia incazzato con l’allenatore: può avercela con gli arbitri, con un compagno, con se stesso. Chiesero a Sarri, quando allenava il Napoli: “Ha visto la sfuriata di Insigne dopo il cambio?”. Risposta: “Insigne non deve fare sceneggiate. Io non le faccio quando lui in campo fa ca… fa schifo”.
C’è anche il caso opposto, quello che non vuole entrare. Anni fa, metto nei primi 5 uno che di regola era il nono. Combina 5’ di disastri totali, gli mancava solo di infilarsi la maglietta degli avversari e tirare nel nostro canestro. Lo tolgo per disperazione, non rientra più fino al 40’. Andiamo al supplementare, problemi di falli, gli dico di rientrare. Resta immobile e mi guarda come per dire: adesso che mi sono raffreddato, mi rimetti? Giuro, stavo per mettergli le mani addosso. Pensa: dopo Delio Rossi, Piero Bianchi.
Questa è fantastica. Qualcuno fa il terzo fallo, magari dubbio. Non posso cambiarlo, per cui lo avviso: occhio, hai tre falli. Il genio si mette a strepitare che non era fallo e cosa vuoi da me se quel… (censura) me l’ha fischiato. Cioè, reagisce come se lo stessi cazziando. Senza capire che il punto non è se il terzo fallo c’era o no, il punto è non fare il quarto. Ma l’ossigeno non gli arriva al cervello.
L’ultima, abbastanza comune a livello giovanile. Ignorare le istruzioni “volanti”. Tipo: non palleggiare contro il pressing. E quello si lancia in una serie di dietro schiena, tra le gambe, virate che nemmeno Carla Fracci. Oppure: la rimessa dopo canestro subìto la fa Tizio, tu sprinta in attacco. Niente, a fare la rimessa ci va lui. O ancora: sul quel blocco dobbiamo inseguire! Loro cambiano. In questi casi mi viene da chiedermi: sono duri d’orecchio, di comprendonio o entrambi? Né l’uno né l’altro. Per gli adolescenti la mancanza di reattività motoria spesso è solo sindrome di ipnosi da smartphone. (3. Fine)
