Se rinasco faccio Velasco

Stessa storia che con Sinner. Mica ce l’ho con lui. Però non sopporto le mamme, le nonne e le zie che lo adorano, le sorelle che lo fratellano, le ragazze che lo fidanzano, quelli che non hanno mai visto neanche un game ma “da quando c’è Sinner amo il tennis”, quelli che “Sinner è Sinner”, quelle che oddio stasera gioca Jannick ho il cuore in gola, quelli che vince o perde è sempre un bravo ragazzo, quelli che si vede che è un bravo ragazzo, quelle che Jannick ha proprio la faccia da bravo ragazzo, quelli che invece Alcaraz è un gradasso presuntuoso insopportabile, insomma avete capito.

Con Velasco è uguale. La faccia da bravuomo lui per me non ce l’ha. Ha la faccia da quello che è: un grandissimo allenatore, forse il migliore del mondo a livello di sport si squadra, e un grandissimo figlio di ‘ndrocchia. Ce l’ho con lui? Ma nooooo, certo che no. Al contrario, sono un suo grande fan. Però mi stanno sulla punta del naso quelli che se Velasco dice “sta piovendo” pensano “Madonna, ma questo è un mago”. E anche quelli che se Velasco dice “la palla è rotonda”, commentano: “che intuizione geniale! Si vede che è il numero uno”. Insomma avete capito.

Lo spunto me l’ha dato un post su Facebook di Xavier Jacobelli, giornalista sportivo tra i più stimati, già direttore di Tuttosport, poi del Corriere dello Sport, poi de Il Giorno, fondatore di QS, direttore editoriale di Calciomercato.com, opinionista televisivo, insomma non un signor nessuno. In questo post Jacobelli scrive: “Fenomenologia di Velasco, 14 frasi per raccontare l’uomo e l’allenatore”. Ovviamente ho letto le 14 frasi. Bene: almeno (e dico almeno) quattro sono di una banalità sconcertante, stile “discovery of the hot water”. Eccole: “Non bisogna esaltarsi quando le cose vanno bene, non bisogna deprimersi quando le cose vanno male”. Chi l’avrebbe mai detto. “Ci sono squadre che hanno gli occhi della tigre e squadre che hanno gli occhi della mucca”. Apperò. “L’allenatore non dev’essere per forza un duro. Io lo sono, ma conosco grandissimi allenatori che non lo sono”. Davvero? Ma guarda. L’ultima perla: “Bisogna imparare a perdere senza dare la colpa a un fattore esterno. Riconoscere che gli avversari sono stati più bravi di noi, punto”. Come si chiamava quel francese? Lapalisse, giusto?

Bé, andatevi a leggere i commenti. “Quest’uomo è un genio”. “Sono frasi da affiggere in ogni spogliatoio”. “E’ il numero uno indiscusso”. “Immenso”. “Stellare”. “E’ di un altro pianeta”. Come se avesse fatto chissà quale rivelazione.

Poi ovviamente nelle 14 frasi ci sono pillole di “coaching” tutt’altro che banali. Esempi sparsi: “Non bisogna cedere alla cultura degli alibi”. “Per diventare fenomeni bisogna lavorare come se non lo si fosse”. “Il grande allenatore non è quello che fa muovere i giocatori secondo le proprie intenzioni, ma quello che insegna ai giocatori a muoversi per conto loro”. “L’allenatore non fa, convince a fare”. “Nell’errore cerca il motivo, non il colpevole”. “Nello sport si pensa troppo a ciò che non si ha e troppo poco a ciò che si ha”.

Ok, queste non sono riflessioni scontate. Allora dov’è il problema? Semplice, il problema è pensare che siano considerazioni geniali solo perché le ha fatte lui. Invece queste robine qui le trovi nel bagaglio di tanti allenatori. E se ci casca persino un giornalista navigato come Jacobelli, figurati gli altri. La realtà è che ci sono centinaia di allenatori che questi concetti li conoscono bene e li applicano ogni giorno. Magari allenano in serie C. Velasco di un altro pianeta lo è davvero. Ma perché vince sempre, non perché la sa raccontare.

Se rinasco faccio Velasco

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2 commenti su “Se rinasco faccio Velasco

  1. Secondo me dice pure: “Dopo che la ricevitrice ha ricevuto la palla, l’alzatrice alza la palla e la schiacciatrice schiaccia la palla e fa punto”. È un profeta! E non è da tutti.

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